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Special Public Events

Opere d'arte

The Horizon We Look At

“Non pretendiamo che le cose cambino se continuiamo a farle nello stesso modo”
(Albert Einstein)

a cura di Roberto Mutti

La fotografia possiede la particolare dote di poter rappresentare sia la dimensione del reale che quella del possibile. Per questa ragione, talvolta ritorna alle sue origini – quando, prima di comprendere di esserne l’interpretazione, aveva vissuto l’illusione di identificarsi con la realtà –, in altri casi si appropria della sua grande capacità evocativa che la porta, se occorre, a far ricorso all’astrazione e al simbolismo. Interpretare i diciassette obiettivi del progetto di sviluppo sostenibile voluto dai paesi dell’Onu è stata una vera sfida perché, se le parole hanno il vantaggio di poter descrivere analiticamente i temi, la fotografia non può che farlo in modo sintetico. Si è così deciso di scegliere, e in alcuni casi far realizzare appositamente, immagini capaci di catturare l’attenzione e indurre l’osservatore a riflettere sui messaggi cui alludono. Anche le opere che sembrano più descrittive presentano elementi di complessità tutte da scoprire. Così Elisabetta Gatti Biggi sottolinea, nell’abbraccio dell’adulto al bambino, l’aspetto emotivo di un’educazione non solo istituzionale, Benedetta Pitscheider individua, nella diversità delle posture della coppia di danzatori, il senso dell’eguaglianza di genere, Giancarla Pancera allinea alla lontana cima di un monte innevato il primo piano di un’acqua zampillante per ricordarne la vitale ciclicità, Marta Baffi inserisce una strada che corre verso l’orizzonte là dove il vento si trasforma in energia. Talvolta è la natura a presentarsi in tutta la sua magnificenza: nel notturno che Riccardo Bononi riprende in Madagascar, accostando alla moderata luce artificiale quella spettacolare delle stelle, nel fluttuare di una vita che Lorenzo Terraneo sa cogliere sott’acqua, nell’accostamento fra un ambiente brullo e uno lussureggiante che Francesca Moscheni crea per ricordare la complessità della terra, nella duplice presenza umana cui ricorre Raoul Iacometti facendo emergere una donna da un terreno desolato e ponendo un’altra fra le fronde di un albero, a simboleggiare il rapporto empatico con la natura. Il ricorso alla simbologia ha consentito a Graziano Perotti di interpretare l’audacia della sfida alla povertà, a Roberto Polillo di alludere con opere di vibrante intensità al dinamismo delle infrastrutture e al possibile futuro di città sostenibili, a Ylenia Bonacini di mostrare come si possa agire per ridurre le diseguaglianze, a Vittorio Valentini di farci intravedere le dinamiche del lavoro, a Lucrezia Roda di indicare la strada per una fruttuosa collaborazione fra istituzioni. Fabio Zonta, infine, ha lavorato sul piano metaforico circondando un uovo con spine acuminate, per ricordarci quanto sia dura la lotta contro la fame, e facendo in modo che un raggio di luce bianca attraversasse un prisma e venisse scomposta in tanti colori, per alludere al ruolo che possono svolgere le buone istituzioni. I fotografi protagonisti di questa mostra sono stati scelti per l’eterogeneità della loro poetica, aderendo così allo spirito del progetto che considera la diversità dei punti di vista come motore della comunità di intenti. Si potrà notare, infine, la parità di genere fra chi ha interpretato questi temi: non è il risultato di una particolare alchimia o di una volontà cercata ma l’esito inevitabile, come sempre dovrebbe essere, di una scelta basata sulla qualità.

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